Il senso dell'Avventura



A volte, anche alle nostre latitudini, capita di vivere avventure molto personali, sensazionali, intime, quasi viscerali, come lo sono le nostre forre il cui ambiente è unico, come fosse staccato dal resto, a pochi metri da noi, dove scorre il fiume.

Primi anni '90 con Alberto decidiamo di percorrere il fiume da Monte Maggiore a Nepi, zaino, macchina fotografica e scarponi, massi, tronchi e bottaò (le profonde buche che si formano con i mulinelli); leggendo di Roberto, che descrive questa sua avventura, ho rivissuto quel giorno; anche noi non arrivammo a Nepi (ed era in estate), in quella stagione tutto è coperto dalla vegetazione, alzare gli occhi al cielo è inutile, bagnati non è un problema (il clima aiuta), gli scarponi di allora si scollarono (erano della Dolomite), da allora sono molto migliorati, gli scarponi,  noi a districarci nelle forre, meno.

Roberto mi hai trasmesso quelle tue sensazioni e le ho sentite per un attimo sulla pelle (il nostro migliore e maggiore senso, ineguagliabile), che ci pone in contatto con l'esterno, sensazioni umane come paura, bellezza, gioia, freddo e caldo ecco, le Forre, più di ogni altro ambiente, ci avvicina alle altre creature viventi e noi, unica specie ritenuta intelligente, che ha semplicemente cercando di eludere la propria natura.

Ma a volte l'uomo la cerca, ha necessità di ritrovarla, sentirla, sentirsi immerso in essa, lasciarsi abbracciare per sentirsi anch'esso parte di essa: ringrazio anche se soltanto in poche occasioni questo accade.
E ringrazio Roberto per aver condiviso la sua avventura.

Di seguito il testo integrale, lungo, soltanto per chi ha il piacere di leggere di queste cose.




Abissi superficiali
Lo so', mai andare da soli, lo so', informare dove si intende girare, lo so', lo so', lo so', eppure non l'ho fatto. Viene in mente la lettura di "127 ore" dove il protagonista consuma la tragedia a causa dello stesso errore. Vabbè! Prima di uscire, quando vado solo, metto sempre al collo la mia piastrina militare, il pensiero e' macabro, "a che cavolo serve? Ah si ! Se mi trovano ormai mummificato, ahahah, almeno mi riconoscono", rido perché immagino il ritrovamento del mio scheletro con casco e evoc, avvinghiato alla biga, in stile fumetto. Sono sul sentiero, pedalo veloce, tutta l'escursione è di una 40ina di km, conosco 2/3 del percorso, per il restante non so cosa troverò e quanto i contrattempi mi rallenteranno. Uscire da solo in scoperta ha un fascino particolare, si respira aria di avventura, l'incertezza e la solitudine aggiungono un brivido di ansia, sono sensazioni che ho provato spesso in passato ma che ora cerco di limitare, sarà l'età? Sono arrivato al punto dove, da qui in poi e' avventura, ma che sto dicendo ? Ridicolo, in fondo non mi trovo nelle vastità americane, russe o asiatiche, quale avventura ? Sono solo a 40km da Roma, la civiltà mi circonda, massimo 3-4 ore e sono a casa. Eppure avverto un senso di preoccupazione, ma sarà solo suggestione. Prima di immergermi in questo bagno di natura mi fermo un attimo, guardo intorno in cerca di riferimenti utili. Sono sulla prua di un costone roccioso, coperto da un meraviglioso tappeto verde, alle spalle i ruderi del castello d'Ischia, avanti la vista gode del panorama di un grande vallone che e' una grande forra ed e' la confluenza di 3 forre minori dove sul fondo scorrono i loro omonimi torrenti, e' una situazione naturalmente caotica, proprio per questo nulla e' certo, resto un momento in contemplazione, quello che si apre davanti e' un affascinante abisso, poco profondo, in confronto ai grandi canyon è appena un solco superficiale, forse 250 mt di profondità, una misura ridicola, ma l'ambiente e' complesso, ho il quadro della situazione, so' bene dove mi trovo e dove devo dirigermi. Scendendo in questo ambiente in solitaria si scende nell'introspezione di noi stessi, i sensi si acutizzano, i pensieri viaggiano, lentamente entro nella modalità "combattimento e sopravvivenza" ,in breve sono nel folto della vegetazione, c'e' ancora un residuo di sentiero, il torrente scorre al fianco, mentre pedalo cerco di memorizzare particolari e possibili guadi, dopo pochi kilometri sono già di fronte ad uno stop, devo attraversare il torrente e non ce' modo di farlo senza bagnarsi, controllo più volte, risalendo il torrente, ma devo rassegnarmi, devo bagnarmi, in genere tolgo scarponi e calzini, attraverso e dall'altra parte mi asciugo alla meglio, ma qui non e' possibile a causa del fondo, mai visto un torrente simile, tutto e' coperto da ciottoli di tufo un tappeto di grandi uova di tufo della grandezza di un melone, probabilmente il continuo rotolare a valle li ha resi cosi, ma non esiste che già rinuncio, tolgo solo i calzini faranno comodo asciutti più tardi, rimetto gli scarponi, bici in spalla attraverso l'acqua gelida, ancora non lo so', ma e' solo il primo, di una serie di guadi più o meno difficoltosi. La stagione invernale che ci lasciamo alle spalle e' stata particolarmente piovosa e i segni che ha lasciato sono potenti, segni di esondazione straordinaria per il posto e frane ovunque, frane che spesso mi costringono a rognosi fuori programma, arrampicando pericolosamente, bici in spalla, sul costone franato, ancora mollo d'acqua. Le Forre sono qualcosa di particolare, da fuori sono bellissime e affascinanti in ogni stagione, dentro sono la porta per l'inferno, la luce del sole fatica ad entrare, tutto diventa tetro, i colori si smorzano e diventano quasi monocromatici, gli odori non sono gradevoli spesso prodotti dal marciume, decisamente non e' un ambiente gradevole, almeno qui. Tutto contribuisce a mettere alla prova l'autocontrollo e la capacità di adattamento e non ultimo la testarda e caparbia idea di non mollare, di non dar retta a quella vocina che dice "lascia perdere, non vale la pena". Per quanto si è potuti essere puntigliosi, in superficie, raccogliendo punti di riferimento in abbondanza, li sotto, questi, sono completamente inutili, anche il secondo fedele compagno di avventura, Garmin, (il primo è la biga) non è di grande aiuto, non avendo una traccia da copiare, ma sarà di aiuto fondamentale, se dovrò arrendermi e tornare sui miei passi. E' già da un po che non posso pedalare, uova di tufo ovunque, un altro guado, ora neanche cerco più un posto adatto per passare, entro in acqua e basta, un serpente ancora intorpidito dal freddo non fugge, si fa fotografare senza paura apparente. I costoni tufacei che ho sopra la testa mi confondono, credo di conoscerli, invece no, sono tutti uguali, tutti simili, a volte credo di trovarmi vicino alla soluzione di questo enigma, ma non è così, grossi massi si sono staccati dalle pareti più in alto, rotolando fino al torrente, si sono fatti strada divaricando alberi, il segno profondo lasciato sul pendio è impressionante. Altro guado e un altro ancora...incomincio a perdere il vigore iniziale, un vecchio pw sul gps, che sembrava raggiungibile, come ripiego, ora non lo è più. Il sole ha iniziato la sua discesa già da un po’, ma sono ancora nel pieno della battaglia, anche se esausto e senza più quella certezza iniziale. Ho modificato il progetto iniziale dirigendomi verso una zona più lontana ma più sicura, che dovrei conoscere, portandomi velocemente fuori da questo ambiente opprimente, ad un certo punto, ed è una cosa che altre volte mi è capitata, noto un cambio di ambiente, odore, umidità, luce, sono diversi, è il segnale che l'imbrunire si avvicina, mi sorprendo sempre di come lo percepisco nitidamente, in anticipo, anche i volatili cambiano modo di cinguettare, come se le razze si siano date il cambio, da quelle diurne a quelle notturne, ma questa è forse un'impressione. Non voglio tornare, non voglio perdere, insisto e avanzo, altro errore, in questi casi porto sempre nello zaino o il machete o una piccola motosega o entrambi, qui visto l'impegno richiesto, volutamente sono rimasto leggero, ma oggi, spesso, questi attrezzi mi sarebbero stati di aiuto. Sono un animale nel suo ambiente, non mi curo più del fango, dei rovi che graffiano, avanzo con solo l'intenzione di chiudere questa faccenda, ora so che anche se riuscirò a passare, non tornerò più qui, è un'improponibile escursione, penso solo di farlo e archiviare il tutto. Altro guado, sono ore che ho i piedi bagnati dentro gli scarponi, tra un'ora e mezza c'è il tramonto e dopo, ancora una mezz'ora di luce, sto diventando frenetico nella ricerca della soluzione, mi do una scadenza, ancora mezz'ora e dovrò mollare, abbandonare, questo pensiero mi fa incaxxare e il lato positivo di questo è che trovo altro stimolo, altra energia. Finalmente ci siamo, la soluzione è vicina, addirittura torno a pedalare e sembra che riconosco questo posto, sto molto fuori dal progetto iniziale e fuori da eventuali ripieghi ma se la direzione è quella giusta, come sembra, tornerò presto a vedere la luce del sole, al tramonto, e già pregusto il posto che conosco, dove godermi l'ultimo raggio e l'ultimo steak energetico....caxxo! Altro stop, questa volta è l'ultimo, non è aggirabile, non è scavalcabile, un intero costone largo centinaia di metri o poco meno è franato, trascinando tutto a valle alberi e massi, faccio un tentativo bici in spalla, ma il terreno è instabile, sabbioso, pieno d'acqua, che come una spugna quando affondo lo scarpone, rilascia acqua, e rivoli d'acqua ovunque, come se la situazione sia ancora in movimento, a questo punto è tardi anche per tornare e non ho le luci, a cosa mi sarebbero dovute servire ? A questo! Caxxo! E' la quarta dimenticanza importante. Ok! di corsa indietro, non vorrei trovarmi qui sotto al buio, seguo la traccia, il sole ancora illumina, ma non qui dentro, un occhio sempre sul gps e dove posso taglio la traccia per accorciare, ma non sempre la decisione mi ripaga con dei bonus di minuti, anzi, mi penalizza, costringendomi a tornare indietro per riagganciare la traccia...mi devo sbrigare, riprovo, un'altra scorciatoia...e qui? Che roba è ? Ho d'avanti il sinuoso, inconfondibile, stradello di un largo sentiero che sale sull'altopiano di destra, io devo salire su quello di sinistra, ma se va bene lo raggiungo da fuori, ora ho una certa fretta di uscire, sono bagnato, stanco, affamato e deluso, pazienza, mettiamo fine a questa idea. Mi avvio spingendo la biga su questo sentiero, indubbiamente abbandonato, ma un tempo doveva essere di una certa importanza, perché è di una certa larghezza e studiato per contenere la pendenza, ovviamente frane anche qui, ma modeste. Man mano che salgo da questo tetro abisso, torno a respirare, la luce aumenta e anche il morale, nonostante la sconfitta, si solleva, sembra come se l'aspetto negativo della Forra, influenzi anche la psiche di chi ci si immerge. Ci siamo...sto uscendo...ma ad un certo punto rimango incredulo, inspiegabilmente il sentiero è sparito, non c’è più segno, guardo attorno, mi sposto di lato, forse più su, niente, è sparito, non sto a cercare altre spiegazioni, giro la biga, abbasso il sellino, e mi butto in questo sentiero pieno di rami e pietrame, incoscientemente in due minuti sono di nuovo alla base dello stesso. Riagganciata la traccia, mi avvio sui miei passi e con ritrovata serenità, poco dopo riconosco il sentiero che mi riporterà in superficie. Sono di nuovo sullo sperone roccioso iniziale, seduto e esausto mi godo questo ultimo sole, mangiando l'ultimo steck, di fronte ho ancora quella bellissima e impenetrabile Forra, ora è cupa, mentre intorno è tutto colorato. Oggi porto a casa una sonora sconfitta, ma conoscerla e entrare in contatto con lei è stato istruttivo. Un carattere tutt'altro che superficiale. Un carattere profondo come un abisso.
20/03/2014
P.S. -42 km in 7 ore.

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